Oggi la nostra redazione ha avuto il piacere di intervistare Annalisa D’Incecco, talentuosa pastry chef, nonchè food blogger, ex partecipante di MasterChef 7 e finalista de “Il Ristorante degli Chef” di Rai 2
Ciao Annalisa, grazie per aver accettato l’invito della nostra redazione. Ci parli un pò di te? Come sei approdata nel mondo della ristorazione e della pasticceria?
In realtà la mia vita ai fornelli è iniziata già da bambina, in casa siamo stati sempre tutti buone forchette e mia nonna era bravissima in cucina, dal salato al dolce. Con lei ho appreso tutta la teoria che oggi metto in pratica. Però il fuoco, quello vero, è esploso quando mi sono trasferita in Cina.
Sono letteralmente impazzita per la cucina tipica locale, le spezie, i profumi, le tecniche di cottura, i frutti mai visti prima, e il caso ha voluto che iniziassi a lavorare in un wine restaurant italiano al centro di Pechino, non in cucina, ma come chef de rang, di uno staff tutto cinese.
In quei tre anni ho rivoluzionato il mio percorso di studi e il mio modus vivendi, ho imparato a mangiare tutto (insetti inclusi!) e ho capito che la cucina non era una passione, ma quello che veramente avrei voluto fare nella vita. Ho poi studiato pasticceria in Conpait, e continuato da autodidatta, creando da zero ricette tutte mie e tentando anche dei casting per mettermi alla prova e fare una esperienza per me stessa.
Cosa significa per te cucinare? Dove trovi gli stimoli giusti per ideare e creare prodotti di qualità e quali sono secondo te le doti essenziali che non possono mancare in uno chef di successo?
Cucinare mi mette serenità, mi fa sentire contenta e mi isola da tutti i pensieri quotidiani. Ma se sono molto giù di morale e non è giornata, evito di mettermi ai fornelli per ricette particolari, perché sono una persona molto ansiosa, autocritica e se non sono di vena, combino pasticci e mi innervosisco. Di certo, non concepisco la cucina come mezzo per soddisfare semplicemente la fame o “perché si deve pur mangiare”: deve essere sempre un piacere, un momento di condivisione con qualcuno, per me il cibo è convivialità.
Le idee che sperimento nella mia cucina, sono sempre frutto della mia voglia di scoprire: leggo tantissimo e siccome odio replicare, ma amo collaudare piatti solo miei, prendo spunto da ricette e ingredienti che mi capitano sotto mano, per stravolgerle e creare qualcosa di unico. Ovviamente, con tutti i rischi di errore: inventare, sperimentare, significa anche sbagliare e dover riprovare molte volte. Ma forse è proprio questa una dote che non dovrebbe mancare a chi lavora in cucina: avere l’umiltà di commettere errori , di conoscere i propri limiti e tentare di superarli. È quello che poi ti permette di crescere e migliorare, no?!
Sappiamo che stai lavorando alla stesura del tuo primo libro. Dicci di più.
Vi dirò qualcosina ma non troppo… Doveva essere un progetto già di mesi fa, che però è slittato per via del Covid e di situazioni mie famigliari, a cui ho dovuto dedicarmi. È un libro che mi rappresenta molto, con preparazioni inedite perché totalmente inventate e collaudate da me, e con ingredienti healthy. Un libro dove golosità e rispetto per la salute vanno di pari passo, insomma, non poteva essere diversamente per una come me che passa dal frigo agli squat in un attimo, eheh!
Comunque, vi basti sapere che libri come questo, in Italia, non esistono ancora e io ne vado molto fiera.
Hai partecipato a programmi televisivi ed hai collezionato importanti esperienze lavorative all’estero. Cosa consiglieresti ai giovani che vogliono avvicinarsi a questo mestiere?
Le esperienze fatte in tv per me sono state meravigliose, in tutti gli aspetti, positivi e non, perché a me sono servite soprattutto per prendere fiducia nelle mie capacità e avere conferma di quanta passione io ci metta sempre. Di certo per me , la tv non è mai stato un traguardo ma piuttosto un punto di partenza, e quello che forse oggi consiglio ai più giovani, è proprio quello di non vedere i programmi di cucina come il simbolo del successo o come degli obiettivi, ma di formarsi ,studiare, e soprattutto, viaggiare! Lo dico sempre ai miei figli anche se sono ancora piccoli, che viaggiare ti apre la mente, il cuore e le mani. Prima di entrare nella cucina di uno chef, trovo sia importante imparare a essere curiosi, tolleranti, conoscere nuove lingue e tradizioni culinarie anche fuori dal proprio territorio. E in ultimo, lo dirò all’infinito, non bisogna avere la presunzione di arrivare in alto senza aver fatto sacrifici, senza essere partiti dal basso. Umiltà, prima di ogni cosa.
Hai avuto dei riflessi negativi sulla professione dovuti a questo nuovo coronavirus? Ha influito sul tuo modo di approcciarti alla professione e anche alla vita?
Purtroppo, a causa della pandemia, ho perso due importanti ingaggi che aspettavo da tempo. Ci sono treni che passano e su cui fai in tempo a saltare, altri che non si fermano, ma su questa filosofia mi sono fatta le ossa negli anni e non mi arrendo. Tutti i settori della ristorazione, anche trasversali nel mio caso, quindi legati a eventi, show cooking, fiere e masterclass, sono stati fortemente compromessi dagli effetti del Coronavirus e non sempre basta la voglia di reinventarsi, quando ci sono ordinanze fortemente restrittive come quelle che ben conosciamo. Io ho cercato di concentrarmi sulle mie priorità, figli e lavoro “in standby”.
Sto puntando sul mio blog nella piattaforma Giallo Zafferano “In cucina con Annalisa” e sui mii canali social , Facebook e Instagram, e proseguo in collaborazioni da remoto con alcune aziende legate al food.
Prima o poi usciremo da questa fase grigia, e torneremo più forti di prima, ne sono certa.
Quali sono i tuoi sogni e le tue ambizioni per il futuro? La domanda è un po’ indiscreta, ma, la tua professione ti rende felice? Se si, quali aspetti cambieresti del tuo lavoro?
Ho imparato che sogni ed ambizioni non sempre viaggiano sulla stessa linea d’onda. Soprattutto per chi, come me, ha profuso tanto impegno studiando tra in Italia, Spagna e Cina, e alla fine ha scelto di intraprendere un’altra strada. Forse sarà anche per la mia deformazione professionale da ex insegnante all’estero, ma l’idea di lavorare nella formazione, di trasmettere agli altri le mie conoscenze e collaborare con tanti professionisti della ristorazione, resta una delle mie ambizioni di sempre.
In questa prospettiva, ci sono nell’aria anche dei progetti con l’Associazione Passione Pizza: insieme stiamo pensando di puntare su corsi innovativi nella categoria di competizione della Pizza Dessert. Una collaborazione diretta, dunque, tra pizzaiolo esperto e pasticcere, in cui io vedo un’enorme opportunità di scambio. Quando questo periodo sarà finalmente passato, sarò più serena, lavorativamente parlando, ma credo anche che, quando si ama ciò che si fa, si riesca a prendere il buono anche in condizioni di difficoltà e stasi, sempre e comunque.
21 gennaio 2021
Redazione Dolci Eccellenze